Ferragosto, Visita dei Radicali al carcere di Rossano Calabro. Il report

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Casa di Reclusione di Rossano Calabro (CS), 15/08/2016.

Dopo le visite effettuate con Rita Bernardini alle case circondariali di Catanzaro, Vibo Valentia e Palmi, rispettivamente il 5, il 6 e il 7 agosto, per il giorno ferragosto – sempre grazie alle autorizzazioni del DAP ottenute per noi da Rita Bernardini – con Rocco Ruffa, ritorniamo (dopo esserci stati a Capodanno e Sabato Santo) ala casa di Reclusione di Rossano Calabro. Fanno parte della delegazione anche Claudio Scaldaferri e Daniele Armellino che alle 9:45 incontriamo prima di entrare come da autorizzazione alle 10:00 in punto.

La visita dura circa 4 ore. Ad attenderci non c’è il direttore, dottor. Giuseppe Carrà (che in realtà non abbiamo mai incontrato) né il comandante Elisabetta Ciambriello né l’ispettore Vennari che ci avevano accompagnati nelle precedenti visite. Di turno solo il sovrintendente Domenico Cadicamo.

Per ciò che riguarda educatori e agenti di polizia penitenziaria, le rispettive piante organiche son rimaste le stesse di quelle rilevate nelle precedenti visite. Tre educatori in pianta organica, tutti e tre effettivamente presenti. Centoventi agenti in pianta organica, assegnati 120, effettivamente in servizio 85 di cui 11 impegnati nel nucleo traduzioni e piantonamenti. A ferragosto, al momento della visita, erano presenti in servizio 14 agenti in tutto.

A fronte di una capienza regolamentare di 215 posti, i detenuti presenti erano 219 (in aumento rispetto ai 197 rilevati a marzo), di cui 125 in AS3 (63 al primo piano che abbiamo incontrato ai passeggi e 62 al 2° piano che abbiamo incontrato nelle celle); altri 9 detenuti sono rinchiusi in AS2, accusati di terrorismo internazionale.

In pratica la Guantanamo di Italia s’è svuotata poiché, diceva l’ispettore che c’ha accompagnati, adesso utilizzano anche altri istituti oltre Rossano in modo da razionalizzare i trasferimenti.

Ciò nonostante, era presente tra i 9 presunti terroristi, anche Jrad Mahmoud, recentemente arrestato in provincia di Varese con l’accusa di terrorismo internazionale. 85 detenuti stanno invece nel circuito della Media Sicurezza, anche questo suddiviso in due piani.

Ergastolani presenti – al momento della visita – in totale sono 25, di cui 22 detenuti in AS3 (nessuno di loro sta da solo in cella) e 3 stanno rinchiusi nella MS (dove invece in cella possono starci da soli).

A Rossano Calabro non c’è il regime detentivo ‘a celle aperte’, neanche nella media sicurezza e, pure qui come a Vibo e Palmi, i detenuti dell’alta sicurezza passano 20 ore al dì nelle celle a meno di un’ora nella saletta socialità dove, però, stanno sempre reclusi. Celle chiuse anche nella media sicurezza, anche il giorno di ferragosto. Stante sia casa di reclusione, anche a Rossano in pochi, pochissimi detenuti lavorano: 56 alle dipendenze del DAP (facendo lavori come scopini, cuochi, porta vitto ecc.) e 3 per il laboratorio ceramico. Rieducazione zero.

C’é una falegnameria – con macchine anche costosissime – ma non viene utilizzata: servirebbe una cooperativa esterna che la facesse funzionare dando lavoro a qualche detenuto. “Perché non la fate voi”, ci dice uno di loro.

E’ la prima visita che facciamo a Rossano dopo la morte di Marco Pannella e molti detenuti ci porgono il loro caloroso cordoglio.

“Io mi sono iscritto”, dice Giovanni Spinale. “Ma devo fare il secondo versamento”, aggiunge. In molti sapevano del congresso del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito che si terrà a Rebibbia l’1 il 2 e il 3 settembre. E molti ci hanno detto di esser interessati a poter vedere il docufilm di Ambrogio Crespi, prodotto da Nessuno Tocchi Caino, dal titolo “Spes contra spem – Liberi dentro”.

Poi ascoltiamo i problemi. Il principale è l’assenza di lavoro. E anche qui, ci dicono più detenuti, prendono un rapporto se – durante l’ora d’aria col sol leone – si tolgono la maglietta ai passeggi.

E pure a Rossano molti lamentano tempi lunghi, a volte biblici, per avere risposte dal Magistrato di Sorveglianza.

Lorenzo Gilberto, di Roma, non lavora, non può fare colloqui e chiede di esser trasferito a Rebibbia per poter stare con la famiglia. Demir Ugur, algerino, deve scontare una pena di 6 anni e mezzo, da sei mesi è a Rossano e, non avendo un telefono fisso a casa, può comunicare con i suoi attraverso delle lettere. Sulmataj Hekuran, albanese detenuto nella media sicurezza, sono 2 mesi che non riesce a chiamare a casa: chiede di poter telefonare, i permessi ci sono – ci dice – ma forse manca ancora qualche documento perché non ha ottenuto il permesso.

Un detenuto, stante fosse di Brindisi e quindi con i parenti fuori regione, s’è visto rigettato l’istanza di poter chiamare i suoi sul cellulare perché non hanno un telefono fisso.

Infine, Antonio Zazzaro, ergastolano detenuto nella media sicurezza, ci spiega di aver richiesto un permesso per incontrare il figlio – affetto da  patologia epilettica grave – in una struttura esterna, fuori dall’ambiente del carcere.

E su questo ci chiede di interessare direttamente l’Onorevole Rita Bernardini. Ma la questione non è affatto semplice e, ci spiega Rita per telefono quando la sentiamo dopo la visita, a decidere non è lei ma il magistrato di sorveglianza.

Anche nella media sicurezza i detenuti si lamentano della carenza di attività: “c’è solo galera”, “qui si sbrocca”, ci dicono.

Un altro detenuto ci riferisce d’aver fatto richiesta per parlare col direttore da oltre dieci mesi, di non aver mai ricevuto risposta e di non averlo neanche mai visto.

E – tra i problemi che segnalano – c’è la posta che arriva in ritardo: anche per i vaglia, certificata la data di spedizione, ci dicono che – “quando va bene” – i soldi arrivano dopo 10-15 giorni nella loro disponibilità.

Altra problematica non da poco è che neanche gli ergastolani stanno in cella da soli, ma a due a due, spesso senza lavorare e, quando lavorano vengono pagati male: 90 euro netti al mese perché 110 glieli trattengono, ci dice un altro.

Angelo, ad esempio, ‘ergastolano’ pure lui, sta in cella con un altro detenuto ergastolano, ma “almeno” – aggiunge – “io passo il tempo studiando”.

Quasi ritenendosi un privilegiato per il fatto d’essere in grado, studiando, di occupare il suo tempo meglio degli altri.

Pure Barbagallo Francesco e Giuseppe, fratelli di Catania, si lamentano perché non lavorano e, soprattutto, perché – essendo detenuti provenienti da furori regione – non fanno colloqui da molto.

Paradosso che vale la pena segnalare è che, l’area verde per i colloqui c’è, anzi ci sarebbe. Perché c’è anche un banale quanto odioso divieto di utilizzarla ai detenuti che hanno figli di età superiore a 10 anni. Il perché è incomprensibile, ma se hai un figlio con più di dieci anni, a lui la serenità di un luogo meno squallido di una “sala colloqui” non è concessa.

Altro problema, banale ma essenziale, è quello di poter utilizzare un frigorifero in cella.  Anche qui a Rossano – come a Catanzaro, Palmi e Vibo, hanno i pozzetti congelatori in comune, per ciascuna sezione, ma ci possono tenere solo “i ghiacci” per le borse frigorifero.

Alle 14:15, concludiamo la visita e, dopo aver ripreso i telefonini, salutiamo l’ispettore Cadicamo.

A questo link l’intervista all’uscita del carcere per Radio Radicale.